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Recensione

Hellas Heroes 2: L'Audace Colpo del Vello d'Oro
Edizione Librarsi Edizioni 2019
autore/i Francesco Di Lazzaro,Mauro Longo
Recensore Dragan

Un Giasone piccolo piccolo

È più povero di prima, imbolsito dagli agi e dal far nulla, e viene coinvolto, ancora una volta suo malgrado, da potenze superiori in una missione più grande di lui, almeno in apparenza. Come al solito comincia male, se non peggio, la seconda puntata delle avventure di Autolico, il personaggio epico ripescato dalle cronache di millenni fa e riportato a brillare, con una bella mano di lucido, dalla perfida coppia di autori composta da Francesco Di Lazzaro e Mauro Longo: nomi senza bisogno di presentazioni della narrativa interattiva, ancora una volta sotto le insegne dell’editore Librarsi di Claudio Di Vincenzo, per il secondo volume della serie “Hellas Heroes”.

Il primo tomo era un biglietto da visita, e questo secondo ne è la conferma, del paradigma dei librogame della fine del secondo decennio degli anni Duemila: opere “moderne”, con sistemi di gioco raffinati ma non ingessati, che concedono il loro giusto tributo all’alea (nell’antica Grecia, poi!), ma senza divenirne succubi; con una narrazione gustosa e, soprattutto in questa saga, un linguaggio spesso sopra le righe per aderire alla personalità del protagonista, che poi è specchio di quella degli autori.

La piacevole sorpresa che aveva costituito l’esperienza dell’esordio, intitolato didascalicamente “Le fatiche di Autolico”, diventa assai soddisfacente conferma nella seconda tappa, oltretutto più difficile da affrontare avendo già ampiamente raccolto consensi nell’opera prima. Il sequel si chiama “L’audace colpo del Vello d’Oro” con un omaggio palese a un altro furto, quello degli “Ignoti” di Mario Monicelli e ancora più esattamente al meno noto sequel di Nanni Loy, che il colpo lo voleva, appunto, “audace”. Quelli furono furti solo tentati, questo deve, per godersi appieno i 500 paragrafi di qualità, assolutamente riuscire.

La trama prende spunto dalla “Biblioteca”, manuale di mitografia di un autore classico noto come Pseudo Apollodoro, che attribuisce proprio al “vero” Autolico l’aver fatto parte, invece discusso da altre fonti storiche, della mitica spedizione degli Argonauti. Ovvero, i 50 eroi che, sotto la guida di Giasone, partirono sulla nave Argo verso la Colchide alla (ri)conquista del citato vello dorato per consentire al loro capitano di salire al trono di Iolco, come da gentile richiesta del re usurpatore Pelia al legittimo avente diritto, appunto Giasone.

Come ce la raccontano Di Lazzaro e Longo, in verità, è un po’ diversa: tutt’altro che stereotipo di eroe alla greca maniera, Giasone è vile, meschino, inetto, calcolatore, vendicativo, e neanche così aitante e dalla chioma dorata come vorrebbe far credere. A dispetto di queste pessime caratteristiche, il suo malcontento verso Autolico, almeno all’inizio, appare giustificato, visto quello che si rivela essere un vero e proprio tentativo di... usurpare il regno all’usurpatore, messo in atto dal - non a caso - re dei ladri, figlio di Ermes.

Con queste premesse poco raccomandabili, è comprensibile che Autolico tutt’altro vorrebbe fare che imbarcarsi con gli altri 49, ma ci viene costretto, ancora una volta, dagli imperscrutabili voleri di suo padre e degli altri dei olimpi. Entrato in qualche maniera nell’equipaggio, nonostante un’ostilità latente di Giasone che può diventare più o meno aperta, riesce a diventare man mano uno dei protagonisti di primissima fila in quest’impresa da leggenda, tanto da oscurarne perfino il capo.

E d’altronde è un Autolico diverso, in questa seconda tappa: molto meno antieroe, molto più eroe rispetto alla prima puntata. Molto meno ladro, molto più altruista, seppur ovviamente sempre dopo un attento conteggio dei ricavi  che otterrebbe per sé a ostentare generosità, tranne quando bellamente costretto dai cangianti voleri del comandante Giasone. Molto più sveglio, molto meno imbranato. Un “ometto”, si potrebbe dire scherzosamente, che alla fine, sarà questo il pensiero complessivo degli Argonauti con qualunque finale, avrà svolto un ruolo decisivo nella riuscita dell’epica missione che, in sua assenza, sarebbe andata di certo a carte quarantotto.

Dopo un capitolo iniziale abbastanza movimentato, e solo dopo essere riusciti a imbarcarsi sulla Argo, saranno sei le tappe da affrontare, ognuna contraddistinta dai suoi protagonisti e antagonisti, dalle sue insidie e opportunità. Tautologicamente, la navigazione avviene a bivi, dirigendosi ogni volta ad affrontare il capitolo di turno, strutturato a mappa o lineare a seconda dei capricci degli autori. Come interludio tra una tappa e l’altra, per non farsi mancare proprio nulla, ci saranno accadimenti secondari che possono avvenire nei momenti di pausa, tanto se si resta a bordo dell’imbarcazione quanto se si sceglie di scendere a terra, nelle zone stabilite come punto di rifornimento.

Non è un libro rapido, questo: va giocato e letto con calma, anche in più serate, per gustarselo appieno. Ciononostante, la narrazione scorre fluida quanto le parti giocate, arrivando a dama tra un ladrocinio e un combattimento, tra un complotto e una battaglia campale, tra un’apparizione di Zeus e l’esplorazione di una città decisamente proficua dal punto di vista delle conquiste femminili.

Il sistema di gioco è per la quasi totalità confermato dalla prima avventura e non poteva essere altrimenti: sia per coerenza, sia per gli apprezzamenti ricevuti dall’esperienza dei lettori che lo hanno approcciato. Il protagonista vive su due caratteristiche, Prodezza e Resistenza, e combatte attraverso i valori di Attacco e Difesa. Le componenti epica ed eroica vengono garantite dal consueto gioco di equilibrio tra punti di Astuzia e Stoltezza, mentre lo stato di salute oscilla in quattro gradienti da un auspicabile Illeso alla morte.

Tra le novità, il minor ricorso alle Ninfe, migliori attrici non protagoniste per acclamazione delle “Fatiche” e qui ridotte, invece, a essere poco più che comparse. L’elemento di novità che controbilancia questo minor impiego è costituito dagli “Alleati”, che Autolico deve conquistarsi uno a uno tra i 49 Argonauti, e che possono accompagnare o meno l’eroe nelle sue scorribande per terra e per mare, talora svolgendo un ruolo decisivo o talora restando nell’ombra.

Sfumatura diversa rispetto all’esordio, anche il minor ricorso alle Preveggenze, l’ultimo retaggio della prima serie basata sull’epica classica, “Grecia Antica” della EL, forse a simboleggiare un Autolico molto più umano e meno (semi)divino, che fa più affidamento sui sensi concreti che su quelli onirici, insomma, che ha fatto pace con se stesso. Impressioni tra le righe che dovranno essere confermate o smentite dal terzo volume dell’annunciata trilogia.

Altro richiamo, seppur labile, alle atmosfere della serie “madre” di Hellas Heroes è la parte del palazzo di re Eeta, nella tappa finale della Colchide. Una “nottata degli inganni” scritta e congegnata in modo magistrale riconduce alle torbide e pericolose atmosfere del palazzo di Cnosso che si potevano respirare appieno nel delizioso secondo volume di Grecia Antica, e forse non sarà un caso se il custode del Vello d’Oro Eeta di oggi e il padre del Minotauro Minosse di ieri siano, a leggere le discendenze, buoni cognati.

Andando a una valutazione, si era detto, in altri tempi e luoghi, che “Le fatiche di Autolico” fosse il librogame di cui avevamo bisogno. “L’audace colpo del Vello d’Oro”, allora, è il librogame che ben meritiamo.

Longevità 9: 

La vicenda è talmente articolata e variegata negli avvenimenti secondari, e perfino in quelli principali, da rendere impossibile esplorare il libro al completo prima di numerose riletture. La presenza di oggetti, artifizi, parole chiave, tradimenti e variabili che possono più o meno sfuggire quasi costringe a riprendere in mano gomma e matita per sapere come sarebbe finita se.

Difficoltà 8.5: 

Non si può dire sia facile, questo “audace colpo”. Più che la difficoltà di picco, a essere estenuante e tenere in tensione il lettore è quella di medio e lungo periodo, con un cammino a consunzione verso la Colchide, poche e mirate occasioni di recupero, e tanti accadimenti influenzati dal misterioso proposito degli dei e quello ancor più imperscrutabile del fato. Varianti che possono complicare, eccome, la vita. Con una sola chance di invocare babbo Ermes a tirarci fuori dai guai.

Giocabilità 9.5: 

Un’opera di progettazione certosina realizzata al tornio con precisione millimetrica viene mescolata a una buona dose di snellezza che funge da “lubrificante” e definitivamente resa briosa dalla prosa di alto livello lessicale. In parole più semplici, funziona.

Chicca: 

Moltissime citazioni della cultura nerd e contemporanea contenute nel testo, in modo comunque che non stoni. Un paio di esempi? Se all’inizio a inseguire Autolico sono gli sgherri di Giabbade Attico (qualcuno ha detto Han Solo?), alla fine quando Giasone mette le mani sul Vello d’Oro i suoi tirapiedi si mutano in uaglio’ ed esclamano un italianizzato: “Ora ci ripigliamo tutto quello che è nostro”, alludendo non al trono di Gomorra ma di Iolco.

Totale 9: 

Un bel passo avanti rispetto a un esordio che già piaceva tantissimo. Autori più maturi strafanno di meno e programmano di più, raggiungendo un nuovo livello di eccellenza da battere.