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Recensione

Time Machine 7: Le Sette Città d'Oro
Edizione EL 1993
autore/i Richard Glatzer
Recensore uraniborg

Nel 1447 un naufrago portoghese racconta di aver visto sette magnifiche città costruite in oro, senza riuscire però a darne collocazione. Con la scoperta del Nuovo Mondo da parte di Cristoforo Colombo, numerose spedizioni partirono dall’Europa alla ricerca di queste misteriose Città, ma senza fortuna. Gli spagnoli furono i primi a spostare le ricerche nel centro-nord del continente americano, ed è proprio a bordo di uno dei loro galeoni che inizia la nostra avventura. Scopo della missione è quello di provare l’esistenza di queste Sette Città, che gli spagnoli ribattezzarono “Cibola”. La macchina del tempo ci proietta nel 1528, al largo delle coste della Florida, nel mezzo di una spedizione capitanata dal governatore spagnolo Panfilo de Narvàez.
Quest’ultimo si rivela fin da subito avido e collerico, risultando particolarmente insopportabile. Nel galeone faremo la conoscenza anche di Esteban, un giovanissimo schiavo di colore, che finirà con l’assumere un ruolo chiave nel corso della storia.
La spedizione di Narvàez si rivelerà un totale disastro e, per raggiungere il nostro scopo, dovremmo saltare nel tempo per conoscere altri grandi esploratori: Ponce de Leon, Alonso de Pineda, Fernando Cortèz.
In queste occasioni ci sarà molto utile la banca dati all’inizio del libro; non tutti i viaggiatori erano alla ricerca delle Sette Città, e senza una conoscenza degli eventi, il rischio è quello di imbarcarsi per una missione che ci farebbe solo perdere tempo.
Bardati di una pesante armatura spagnola, arriveremo anche nella splendida città atzeca di Tenochtitlan, assediata e depredata dai conquistadores iberici, che la trasformarono nel centro delle loro colonie in Messico. Proprio da Tenochtitlan partiremo per un’altra esplorazione, questa volta diretta verso il nord, dove ci aspettano le tribù indiane degli Hopi e degli Zuni, che abitavano città di terracotta chiamate Pueblos.

La ricerca delle città di Cibola è sicuramente uno spunto molto accattivante per questo settimo volume della collana Time Machine. Ancora più accattivante per chi, come il sottoscritto, ama le storie delle Disney, e che ha conosciuto le Sette Città d’Oro perché fecero da scenario a più di un’avventura di Zio Paperone.
Al contrario di Paperone e nipoti, non ci imbatteremo in tetti dorati e strade lastricate di tesori, ma comprenderemo, al contrario, che la ricchezza non è necessariamente costituita da beni materiali o da oggetti luccicanti.
Prima di iniziare la lettura, al momento di scoprire il nostro equipaggiamento, ci viene data la possibilità di scegliere un oggetto da portare con noi durante il viaggio. Da malato di libri gioco, ho perso alcuni minuti a riflettere se fosse più utile una chiave madre, una bussola o una maschera kachina degli indiani Zuni.. Quando scrivo “perso” minuti, anziché “impiegato” e “speso”, non lo faccio a caso. Una volta terminato il libro, infatti, ci apparirà subito evidente come questa scelta non influisca minimamente nel corso della storia. Essendo indifferente portarsi dietro un oggetto anziché l’altro, mi permetto di sconsigliare la maschera: ha l’unica funzione di farci evitare un rituale di iniziazione indiano, che si rivela invece interessante e che sarebbe un peccato saltare.

Pur tenendo conto di questo difetto, Le Sette Città d’Oro risulta un librogame molto piacevole e divertente, con un’ambientazione affascinante e ricca di suggestione.
In tutto il libro, e in particolare nelle parole pronunciate dallo stregone Zuni nell’ultimo paragrafo, emerge la scelta ideologica di Glatzer. E’ evidente come l’autore sia decisamente schierato dalla parte dei nativi, e delle loro culture, al punto a far dire al nostro personaggio, dopo una razzia degli spagnoli ai danni di un pueblo: “Quella non era la mia gente, io mi vergogno di quello che vi hanno fatto!”.  
Il riscatto umano dell’umile schiavo Esteban, in mezzo a tanti avventurieri senza scrupoli, rappresenta un altro spunto interessante del volume, anche se assume toni un po’ romanzeschi.

Longevità 7:  Tenuto conto della semplicità delle regole e della storia piacevole, è probabile venga voglia di rileggerlo.

Difficoltà 7:  Trovare la strada giusta non è difficile, anche se qualche giro a vuoto può capitare.

Giocabilità 7.5:  L’ambientazione accattivante ha grossi meriti nel farci apprezzare questo librogame. Il database iniziale ci fornisce utili indicazioni per non farci scegliere a casaccio di fronte ai bivi.

Chicca:  /

Totale 7: