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Recensione

Scegli la tua Avventura 27: La Corsa senza Fine
Edizione Mondadori 1987
autore/i Raymond Anson Montgomery
Recensore Prodo

La corsa senza fine è il ventisettesimo volume della collana Scegli la Tua Avventura edito in Italia, e il primo in assoluto ad affrontare tematiche sportive.

Resterà un caso isolato perché, almeno nella nostra penisola, non ci saranno altri lavori del genere. Fin dalle prime battute ci renderemo conto che il buon Montgomery, uno degli autori più prolifici nell’ambito della serie, ideatore di diversi altri capitoli, ha deciso di dare all’opera un taglio meno canonico rispetto al consueto.

La struttura è infatti diversa da quella di qualsiasi altro Choose Your Own Adventure: il libro è diviso in due parti, non comunicanti tra loro e da sviscerare separatamente. Nella prima saremo chiamati a cimentarci in una gara di velocità scegliendo un’auto rapida e priva di trazione integrale, nella seconda invece vivremo le emozioni di un vero e proprio rally, su terreni molto più dissestati, pilotando vetture fuoristrada.

Le due sezioni vanno affrontate consequenzialmente e nell’ordine che preferiamo, a meno di non dipartire prematuramente o ferirsi tanto gravemente da essere impossibilitati fisicamente a proseguire la gara. L’idea non solo è originale, ma anche molto ben implementata: aggiunge longevità al libro e consente al lettore di avere una possibilità di rivalsa. Andare malissimo in una delle due prove infatti non ci condanna necessariamente al fallimento: avremo sempre l’opportunità di rifarci nella competizione successiva.

I due filoni sono contraddistinti da un ulteriore bivio iniziale che ci chiederà di decidere quale auto impiegheremo durante la corsa: nel caso della gara off road la scelta sarà tra una Land Rover e una Toyota; nel cimento su pista invece potremo preferire una Lancia Stratos piuttosto che una Saab 900. A ciascuna di queste quattro automobili verrà associato un navigatore che ci accompagnerà, tranne in un unico caso, per tutta la gara: nell’ordine il nostro vecchio amico americano Eduardo, il Nigeriano Amos, il Francese Jan e la Russa Zokil (che potrebbe essere rimpiazzata a un certo punto della competizione dallo Svedese Sven). Inutile dire che quando si parla di piste si intende piste ubicate nel continente africano, dove è ambientata la storia: va da sé che possono essere percorsi molto dissestati e complicati anche quando non affronteremo la prova fuoristrada.

Ognuna delle quattro macchine può condurci al trionfo, ma l’epilogo vincente è unico, condizionato da uno strettissimo true-path: basta sbagliare una scelta per non avere quindi più alcuna possibilità di imporsi nel rally. Questa risoluzione forse può sembrare in prima istanza troppo cattiva, ma bisogna tenere in considerazione la struttura del volume, che è diviso in pratica in quattro parti separate ognuna dedicata a una possibile evoluzione. E’ evidente che, visto il non amplissimo numero complessivo di paragrafi, ogni gara sarà piuttosto breve: inserire pertanto più di una conclusione vittoriosa per ognuna delle diramazioni avrebbe consentito al lettore di imporsi con eccessiva semplicità.

Inoltre, al di là delle possibilità di far propria la corsa, non mancheranno situazioni accessorie in grado di regalarci comunque soddisfazioni: potremo scoprire un ricco giacimento aurifero e diventare ricchi, oppure imbatterci nei resti di un antichissimo ominide, o ancora vedere risvegliarsi il nostro spirito umanitario e comprendere che la nostra reale vocazione è quella di aiutare i meno fortunati. Potremo infine anche completare le prove e ottenere ottimi piazzamenti, pure senza conquistare l’alloro del trionfatore.

Montgomery dimostra di conoscere molto bene i paesaggi africani: sono descritti con estrema accuratezza, con l’utilizzo di paragrafi più lunghi della media della collana, grazie anche al supporto degli ottimi disegni di Ralph Reese, che si evidenzia per il tratto pulito e l’ottima capacità coreografica e rappresentativa, soprattutto quando si tratta di caratterizzare figure umane. Molti elementi che contraddistinguono il continente nero poi sono riproposti con fedeltà: durante la lettura ci si rende conto spesso che sensazioni e dimensioni tipiche di paesi come il Kenya o la Tanzania compaiono con frequenza. Questa capacità di catturare atmosfere contribuisce ad aumentare esponenzialmente il piacere della lettura, soprattutto per chi ha visitato direttamente nel corso della sua vita uno degli ambienti che fanno da sfondo all’avventura.

I lati negativi sono pochi: forse l’eccessivo “spezzettamento” della trama principale, se da un lato garantisce un gran numero di finali contribuendo ad aumentare la varietà dell’opera, dall’altro impedisce di approfondire degnamente alcuni filoni principali che si sarebbero prestati a evoluzioni più complesse. Questo difetto però è, come già accennato, parzialmente stemperato dall’accuratezza delle descrizioni e dalla lunghezza media dei paragrafi. Inoltre si coglie una certa semplicità di approccio nel dettagliare le situazioni legate alla meccanica del motore e al comportamento delle vetture, che potrebbe scontentare i più esperti. Bisogna tenere conto però del taglio non specialistico dell’opera che, a mio modo di vedere, considerato il target di riferimento, è sufficientemente curata anche sotto questo punto di vista.

Mi è capitato di scovare anche un paio di bug: il più evidente riguarda una scelta selezionabile durante la gara con la Land Rover. Al paragrafo 83 infatti, a seguito di un problema meccanico all’asse, ci viene chiesto se vogliamo rischiare e guidare a tavoletta per i kilometri che ci separano dal traguardo allo scopo di recuperare il tempo perduto, oppure adottare una condotta prudente e percorrere l’ultimo tratto a velocità contenuta. In entrambi i casi la macchina non subirà ulteriori guasti, ma se decideremo di spingere sull’acceleratore arriveremo quarti al traguardo, se invece procederemo con circospezione finiremo per conquistare la terza piazza. Un epilogo decisamente insensato! Si tratta comunque di difetti minimi, che nulla tolgono alla qualità complessiva del lavoro.

La Corsa Senza Fine si rivela un ottimo volume, serrato nella narrazione, realistico e pittoresco nelle descrizioni ed estremamente divertente da sviscerare in ogni sua evoluzione. Sicuramente piacerà agli appassionati del genere sportivo e agli amanti delle ambientazioni equatoriali, ma credo che possa essere soddisfacente un po’ per ogni tipologia di lettore.

Longevità 7: 

Ogni gara si conclude abbastanza rapidamente ma la varietà delle competizioni e la possibilità di scegliere tra quattro differenti vetture contribuisce ad aumentare i tempi di lettura. Inoltra la gradevole narrazione e la poliedricità delle situazioni spingono a riaprire il libro fino a sviscerarlo completamente.

Difficoltà 7: 

Scovare gli epiloghi vincenti non sarà facilissimo, tenuto conto dello stretto true path. Tuttavia, anche considerando l'immediatezza intrinseca della collana, non si scadrà mai nella frustrazione, e l'evoluzione delle storie è sempre piuttosto logica e sensata.

Giocabilità 8: 

Veramente ottima se consideriamo che ci troviamo di fronte a un semplice Scegli la Tua Avventura. L'idea della doppia gara e delle auto multiple è innovativa e funziona perfettamente, anche grazie all'eccellente verve narrativa di un Montgomery ispirato. Per il resto la solita struttura lineare e collaudata della serie fa onestamente il suo dovere.

Chicca: 

Più che una chicca una stranezza. Se nella corsa su pista si sceglie la Lancia Stratos ci si accorgerà che manca un epilogo in cui viene esplicato chiaramente la nostra vittoria nella competizione. Ne esiste uno, quello che possiamo leggere nel paragrafo 38, in cui questa eventualità viene sottointesa oltre ogni ragionevole dubbio, ma è assente in effetti la chiara dichiarazione dell'avvenuto trionfo. Una piccola svista che lascia indubbiamente un po’ di amaro in bocca.

Totale 7.5: 

Un volume ben pensato e ottimamente strutturato, nobilitato ulteriormente da una narrazione accurata e avvincente. Uno dei migliori SLTA del lotto.