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Il viaggio lampo del giovane samuraiÈ ambientato in Giappone, ai tempi dei samurai, il primo
librogame della nuova collana EL, di quelli con la R cerchiata del marchio
registrato, che non si occupi di sport: il primo inedito senza la supervisione
e la curatela di Giulio Lughi, e, in definitiva, il primo libro a bivi non
sportivo uscito da Trieste fin dal 1998. “Samurai Kan” (151 paragrafi, 13,90
euro) lo firma Pierdomenico Baccalario. Ma nel frontespizio compare, unica
citazione, un coautore o forse collaboratore (dato che il suo nome è scritto in
dimensioni minori), Andrea Tullio Canobbio: un apprezzato autore di narrativa
giovanile per vari editori, alla prima opera a bivi. E allo stesso modo Baccalario, una vecchia volpe dei romanzi
e racconti per giovani e giovanissimi, è una penna praticamente esordiente
nell’ambito dei librigioco - se si eccettuano uno degli Iperlibri di fine anni Novanta e la collana Elementare Watson!. Lo scotto inevitabile di gioventù nel mezzo, da
parte di questo duo di scrittori, viene pagato in alcuni errorini di ingegneria
dell’opera, che verranno presi in esame più avanti, ma anche in alcuni passaggi
stilistici: a titolo di esempio, si pensi al quesito “Che cosa fai?” che
precede ogni singolo bivio, che fa molto avventura testuale anni Ottanta e
risulta abbastanza pleonastico. La trama, per una volta, comincia dalla fine della storia.
La battaglia di Sekigahara (realmente avvenuta il 21 ottobre 1600) è appena
terminata, il giovane protagonista Kan e il suo amico Toshi, rimasto ferito,
sono stati sconfitti da un daimyo (signore feudale) definito “malvagio”.
Comincia una complessa missione di ritorno a casa, cercando di sfuggire in
primis agli ultimi rastrellamenti da parte dell’esercito vincitore, quindi alle
insidie di un territorio sconosciuto e ostile. Da notare che, nonostante il
librogame sia rivolto a dei ragazzini, il tono è serio, non si risparmiano
descrizioni di ferite e morte. Raggiunto il villaggio d’origine, lo si troverà occupato da
un signore della guerra di nome Saito, mentre si apprenderà che il resto della
propria famiglia è scomparso. Di qui l’inevitabile avvio di una seconda
missione, che, tuttavia, non fa parte di questo volume. Dovrà essere affrontata
in un eventuale sequel. Il sistema di gioco è composto di due statistiche, Abilità e
Resistenza, un equipaggiamento (a spazio illimitato), con denaro e pasti
gestiti a parte. Il combattimento si svolge lanciando due dadi (stampigliati
anche a fondo pagina per chi non dispone di quelli fisici), sommando le Abilità
propria e dell’avversario e confrontando i totali. Ricorda qualcosa? Ma certo,
è il sistema di gioco di Fighting Fantasy, che la EL importò da queste parti
come Dimensione Avventura, ripreso praticamente del tutto. Una citazione, un invito
a recuperare i volumi storici? Forse, seppure vale giusto la pena di ricordare
che, quei libri, l’editore triestino non li ha più in catalogo. L’unica caratteristica che variega un attimo il motore è la
presenza di tre tecniche speciali, contrassegnate da altrettanti ideogrammi
(gru, orso, centopiedi): qualora apprese, e se disponibili nel corso di uno
scontro, consentiranno di avere la meglio “d’ufficio” dell’avversario.
Purtroppo, escludendo il centopiedi che può essere appreso solo nel finale di
avventura, e quindi di fatto mai utilizzato, scoprire il percorso per
approvvigionarsi delle altre due tecniche è davvero arduo. Possederle tutte e
tre richiede di seguire un true path rigidissimo e fin troppo bene mimetizzato
tra le pieghe della storia. E qui si arriva alla principale carenza di progettazione
dell’avventura, per il resto comunque godibile. La coppia di autori l’ha
strutturata con una situazione iniziale, uno sviluppo centrale e uno
scioglimento conclusivo. Nella fase di mezzo, la storia si dispiega in maniera orizzontale
con un ventaglio straordinariamente ampio di possibilità. Tra le tante opzioni disponibili
ci sono anche quelle per apprendere le tecniche speciali, ma la gran parte
condurrà verso altri percorsi. Questo tipo di struttura viene chiamata da alcuni analisti a
“uovo” (qui a uovo... messo in orizzontale, magari, tanto è ampio il troncone
centrale) e comporta due singolarità che possono diventare pecche, se non
gestite con abilità: primo, la moltiplicazione dei paragrafi per stilare,
appunto, tutte le possibili varianti. Secondo, la generazione di singole
partite che, poi, risultano invece molto brevi. Le cifre sono eloquenti: in
certi percorsi, per arrivare alla fine di Samurai Kan sono sufficienti 20 salti
di paragrafo, che scendono a 15 se si “dribbla” lo scontro finale con Saito:
sono numeri giustificabili più in un corto che in un librogame “senior” di
oltre 150 sezioni. Il disclaimer da ricordare sempre, nel tracciare queste
analisi, è che, comunque, queste finezze stilistiche e le carenze sopracitate
difficilmente andranno a colpire e a farsi notare dalla categoria di lettori
cui l’opera è rivolta, i bambini da 9 anni in su. I quali, anzi, magari
potrebbero pure trovare divertente affrontare lo stesso breve tratto di avventura
in dozzine di modi diversi ricominciando ogni volta daccapo e tornando ai punti
incriminati senza eccessivo sforzo. I lettori adulti, invece, potrebbero
storcere il naso nella stessa situazione. L’ampiezza è orizzontale ma non verticale: la vicenda
scivola via rapidamente, approdando a un finale necessariamente aperto, in cui
la parabola di Kan non ha alcun modo di compiersi. Si ammicca, anzi, a un
seguito delle sue avventure, da realizzarsi in un ipotetico e, fin qui, non
annunciato secondo volume. --- Nota sulle valutazioni: nella “Longevità”, chi scrive dà un
giudizio di quanto sia ben progettato il librogame in modo da essere giocato
più volte, con nuovi percorsi e scenari e la possibilità di svolgere più
partite senza esaurire filoni narrativi e ludici. La “Difficoltà” stima quanto
sia complessa un’opera tra gioco e snodi: più il voto sale, più sarà complicato
approdare alla fine. La “Giocabilità” è la summa di un sistema di gioco ben
funzionante e non oppositivo verso il lettore e di una storia ben scritta e
priva di errori. La “Chicca” accende una luce su uno o più aspetti con un punto
di vista curioso, singolare o spesso simpatico. Il “Totale”, infine, non è una
media delle tre votazioni precedenti (sebbene raramente vi si discosti troppo),
ma un giudizio complessivo tarato anche sui gusti personali, sensibilità e
fascinazioni del recensore.
Longevità 6.5:
Come spiegato nell’analizzare la struttura, la scelta di certi percorsi può condurre a delle run sorprendentemente ridotte. Per fortuna, tra le tanti varianti ci sono anche strade più tortuose da percorrere. Mancano, tuttavia, delle parti totalmente alternative di un’avventura che si dipana in modo lineare.
Difficoltà 6.5:
Si tratta di una storia pensata per giovani lettori, con delle sfide, quindi, non particolarmente probanti. Qualche bivio di troppo con scelte “destra o sinistra” senza indizi per indirizzare chi gioca a compiere quella più corretta, ma quasi mai questo meccanismo agé arriva a compromettere la partita.
Giocabilità 6.5:
Il sistema di gioco vecchia maniera stona un po’ con la volontà di proporre un’avventura fresca per un pubblico giovane e l’uso dei dadi amplifica la sensazione straniante. Comunque, la conduzione del gioco è, tutto sommato, non del tutto ostica, com’è anche tutt’altro che irrisolvibile il complesso dell’avventura.
Chicca:
L’edizione da parte di EL si conferma raffinatissima, con i bordi del libro colorati di un fucsia che attira subito l’attenzione e fa scopa con gli altri toni utilizzati nelle opere sportive di Tebaldi. In copertina compare il bollino “Il protagonista sei tu!” in omaggio allo storico claim di trent’anni fa. Merita un plauso particolare l’apparato illustrativo realizzato da Mattia Simeoni, che realizza una quindicina di tavole e numerosi riempitivi di ottima fattura. Peccato per i contrasti troppo tenui che danno l’effetto “blocco grigio” a molte illustrazioni.ÂÂÂ
Totale 6.5:
Un discreto ritorno per la EL nei librogame non sportivi, senza particolari punti di eccellenza ma anche senza errori davvero inaccettabili. Si tratta di un punto di partenza da cui si può, si deve, soltanto migliorare negli eventuali capitoli successivi.
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