Re: Fra Tenebra e Abisso: il Marchio
Dario III ha scritto:Essendo io Dario III puoi bene immaginare quanto tenga all'approvazione di Auramazda! 
Sto piangendo di gioia perché qualcuno che non è iraniano finalmente sa chi è Auramazda.
Dario III ha scritto:Per quanto riguarda il linguaggio, onestamente non so quanto appeal possa avere in generale un prodotto come questo sui ragazzi più giovani; mi piacerebbe pensare che ne abbia tanto, ma non mi faccio illusioni… Comunque, quando si tratterà di produrre una nuova versione, non mancherò di rileggere e valutare possibili miglioramenti.
Francamente penso che il prodotto sia discretamente commerciabile, essendo anche free aiuta, con una piccolo video su youtube e una piccola campagna su facebook su pagine siti di app/giochi credo sarebbero in molti a scaricarla
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Re: Fra Tenebra e Abisso: il Marchio
Auramazda ha scritto:Francamente penso che il prodotto sia discretamente commerciabile, essendo anche free aiuta, con una piccolo video su youtube e una piccola campagna su facebook su pagine siti di app/giochi credo sarebbero in molti a scaricarla
Speriamo! In effetti il video era nei nostri propositi, ma non so quando vedrà la luce; viceversa la campagna facebook dovrebbe partire a breve! Spero che sarà fruttuosa. In ogni caso vi terrò aggiornati.
hamanu ha scritto:Sinceramente ritengo sia uno dei migliori libriogame elettronici (in italiano) in circolazione.
Grazie hamanu, ne sono contento!
hamanu ha scritto:PS: un annetto fa ho provato a realizzare qualcosa del genere, ma poco tempo libero per via del mio lavoro e le mie scarse competenze in ambito di sviluppo App, mi hanno permesso di creare solo un file html con qualche piccola feature come per esempio il lancio dei dadi interattivo (ho usato Divine Gamebook Creator). La storia che ho creato è bella lunga con regole un po' più rigide sia sulla scheda che nei combattimenti ... chissà mai se un giorno riuscirò a completarla
Figurati che noi abbiamo cominciato a lavorarci (pur alla larga) nel 2014... Purtroppo si sa come vanno queste cose: ci si applica quando si può, il che, di norma, capita di rado... Considera anche che il nostro programmatore ha creato di fatto da zero il software; inutile dire che ci è diventato vecchio.
Spero che riuscirai a rimettere mano al tuo progetto, in una veste o in un'altra; e sono certo che qui troverai dei riconoscenti estimatori. Facci sapere! 
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Re: Fra Tenebra e Abisso: il Marchio
Veramente molto interessante.
Provo a scaricarla quanto prima.
"Lo sai come dev'esse lo sguardo del carabiniere? Pronto, acuto e profondo".
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Re: Fra Tenebra e Abisso: il Marchio
Anche io la ho scaricata e giocata a tempo di record. Faccio i complimenti a tutta la squadra per il risultato e vado a elencare le poche cose che non mi convincono troppo (avendo già scritto una breve recensione su Play Store).
L'ambientazione, a quanto leggo, deriva da quella di un gioco di ruolo. Niente di male, ma il lettore queste cose non le può sapere e si trova davanti a termini come "iatromante" senza capirne un'acca, quando invece sono concetti che i personaggi conoscono molto bene. È vero che c'è la possibilità di accedere alla definizione "direttamente", per alcuni termini, ma questo spezza non poco il piacere della lettura.
Avrei visto meglio, oltre al glossario, anche un paio di pagine introduttive che descrivano il mondo di questo gioco a grandi linee. E non mi venite a dire che un'introduzione troppo lunga "scoraggia i giovani lettori", perché allora li scoraggia anche un racconto dove non ci sono termini comprensibili.
A proposito, ma il libro è senza mappa o sono io che non la ho trovata? Trattandosi di un viaggio in terre conosciute, vedrei bene una carta topografica, anche approssimativa. L'artista ha mostrato di essere capace.
Lo stile narrativo non mi è piaciuto molto. Errori ortografici non ce ne sono, ma è tutto un "sembra", "pare", "riesci" e altri verbi simili. Cosa significa che tizio "sembra triste"!? Descrivimi la sua faccia, il suo atteggiamento e lo capirò io: lo "show, don't tell" è la prima regola in narrativa. Addirittura l'incontro finale si svolge presso (cito a memoria) "una specie di torrione". Ragazzi, o è una torre o è un silo o è un missile a Cape Canaveral, non ci confondiamo. Poi anche l'orco viene descritto come "omone immenso", ma io non ho mai visto un "omone minuscolo". Qui io auspicherei una bella revisione.
Per quanto riguarda le meccaniche di gioco, le ho trovate un po' scomode. Tante volte uno bara anche in maniera involontaria cliccando due volte su un link per raccogliere qualcosa, o dimenticandosene del tutto. Non sarebbe possibile implementare qualche meccanismo, tipo che dopo aver raccolto un oggetto il link si disattiva? Squiffy, software gratuito, questa opzione la consente senza problemi.
Anche i combattimenti sono un po' macchinosi, dovendo aggiornare manualmente persino il contatore dei turni. Ho trovato più comodo segnare i punteggi su un pezzo di carta e giocare così. Il problema è che, avendo un applicazione, mi aspetto che tutto sia automatizzato, altrimenti tanto varrebbe comprare un libro cartaceo.
Per finire, perché si parte dal paragrafo 101?
Queste sono le cose che non mi sono piaciute, per il resto mi sono tanto divertito. È bello il sistema di abilità, è bella la libertà nella creazione del personaggio, è bello il clima "anni '80" che si respira ed è bella anche la trama che, come accennato, lascia aperte molte possibilità per un seguito.
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Re: Fra Tenebra e Abisso: il Marchio
Rygar ha scritto:Anche io la ho scaricata e giocata a tempo di record. Faccio i complimenti a tutta la squadra per il risultato e vado a elencare le poche cose che non mi convincono troppo (avendo già scritto una breve recensione su Play Store).
Grazie mille anche a te, Rygar! In particolare per l'attenta disanima; per come ti conosco, credo che apprezzerai una risposta più o meno altrettanto attenta, e che mi scuserai se mi dilungo.
Rygar ha scritto:L'ambientazione, a quanto leggo, deriva da quella di un gioco di ruolo. Niente di male, ma il lettore queste cose non le può sapere e si trova davanti a termini come "iatromante" senza capirne un'acca, quando invece sono concetti che i personaggi conoscono molto bene. È vero che c'è la possibilità di accedere alla definizione "direttamente", per alcuni termini, ma questo spezza non poco il piacere della lettura.
Nelle mie intenzioni i link al glossario dovevano risolvere il problema, proponendo le spiegazioni solo quando necessarie; molti l'hanno trovata una soluzione sensata, ma capisco bene che ciò possa non valere per tutti. Comunque penso continueremo così, visti i feedback tendenzialmente positivi a riguardo.
Rygar ha scritto:Avrei visto meglio, oltre al glossario, anche un paio di pagine introduttive che descrivano il mondo di questo gioco a grandi linee. E non mi venite a dire che un'introduzione troppo lunga "scoraggia i giovani lettori", perché allora li scoraggia anche un racconto dove non ci sono termini comprensibili.
Non sono d'accordissimo, e non perché tema di disturbare i giovani lettori (una brevissima introduzione c'è e l'abbiamo messa in una sezione a parte); piuttosto, perché rifiuto il principio. Cerco di spiegarmi, ma mi rendo conto che entriamo nel campo delle mie fisime.
Siamo abituati al concetto di «ambientazione», e tipicamente chiunque ne inventi una si cura di poterla spiegare in poche righe, per accattivare il lettore, ma onestamente: tu potresti descrivere il nostro mondo (IL mondo, fino a prova contraria) in un paio di paginette? Se lo facessi, ne ometteresti quasi del tutto la realtà; se lo facessi, daresti l'impressione che esso sia così piccolo e facilmente interpretabile da poter stare in una scatola da scarpe. Questo è quello che fanno alcuni e che io, senza alcuna polemica verso di loro, beninteso, non farò mai. Idealmente parlando, il Rayn è un mondo vasto, complesso, irriducibile a poche frasette esplicative; esattamente come il nostro.
Rygar ha scritto: A proposito, ma il libro è senza mappa o sono io che non la ho trovata? Trattandosi di un viaggio in terre conosciute, vedrei bene una carta topografica, anche approssimativa. L'artista ha mostrato di essere capace.
Hai ragione; vedremo di produrla per il seguito (quando uscirà!) e a quel punto la inseriremo in una nuova versione di FTeA: il Marchio.
Rygar ha scritto:Lo stile narrativo non mi è piaciuto molto. Errori ortografici non ce ne sono, ma è tutto un "sembra", "pare", "riesci" e altri verbi simili. Cosa significa che tizio "sembra triste"!? Descrivimi la sua faccia, il suo atteggiamento e lo capirò io: lo "show, don't tell" è la prima regola in narrativa. Addirittura l'incontro finale si svolge presso (cito a memoria) "una specie di torrione". Ragazzi, o è una torre o è un silo o è un missile a Cape Canaveral, non ci confondiamo. Poi anche l'orco viene descritto come "omone immenso", ma io non ho mai visto un "omone minuscolo". Qui io auspicherei una bella revisione.
Posto che non mi dispiace in un librogame rivolgermi di tanto in tanto direttamente al lettore, è possibile che abbia un poco esagerato in questo...
Il punto che però mi trova più in disaccordo è la religione dello show don't tell; non l'ho mai capita e non la capirò mai. Pare fatta apposta per produrre storie «cinematizzabili», se si può dire così, e non stupisce che domini nell'età del cinema e, ancor più, delle serie tv. Questo orientamento può piacere ad alcuni e essere utile ad altri (ovviamente non c'è niente di male), ma non è un altare su cui sacrificherò l'intera letteratura mondiale (e le mie preferenze!), dove invece il tell è presentissimo. Da Omero in avanti nessuno si è fatto scrupolo di dire «Tizio era gramo», per sentirsi invece in obbligo di imbastire lunghe scene per spiegarlo. Tra autori in cui il tell è eminente, potrei scomodare per esempio Dickens (uno che si prendeva tutte le pagine che gli servivano per dire quello che voleva dire...); recentemente, rileggendo La luna e i falò di Pavese, ho trovato molte frasi tell; e certo non ne risparmia un mio autore feticcio, cioè Borges. E di esempi se ne potrebbero trovare a bizzeffe, in tutte le lingue e nell'intero arco della storia, perché il tell fa parte della narrare, specie della fiaba, è vero, ma non solo.
Fin da quando ero bambino, per me molto del fascino della letteratura fantasy stava invece nell'evocare, più che nel descrivere, nel risvegliare l'immaginazione più che nel pilotarla, e a anche quando leggo libri di altri genere mi piace ritrovare questo carattere. Provo a spiegarlo con un esempio che riguarda proprio le descrizioni dei personaggi, visto che è un punto su cui spesso convergono i sostenitori dello show don't tell.
Nelle prime pagine di A Wizard of Earthsea (Il Mago), di Ursula K. Le Guin, io leggo:
He grew wild, a thriving weed, a tall, quick boy, loud and proud and full of temper.
Ma perché mai al mondo l'autrice avrebbe dovuto rinunciare a questa frase, che mi avvince come un incantesimo, per imbastire una scena neorealista in cui mi si 'mostrano' questi caratteri, anziché raccontarli?
E riguardo al 'sembrare', Tolkien, nel Silmerillion (libro che non si legge mai a sufficienza!) per descrivere l'opinione che Idril aveva di Maeglin non si riporta un dialogo, ma si scrive:
Le [a Idril] sembrava infatti che in lui fosse qualcosa di strano e contorto.
A me piace.
Certo, ci muoviamo in un ambito di gusti soggettivi; ed è proprio in difesa di questi gusti soggettivi che rifiuto le posizioni categoriche in fatto di letteratura; perché se è vero che esiste il Brutto (e quello chiunque sia un minimo compente lo riconosce subito), è anche vero che non esiste UN Bello; e che ogni tentativo di ridurre la letteratura a poche semplici regole ne violenta la natura, la banalizza in un esercizio scolastico, la uniforma ai criteri imperanti, cercando di convincerci che c'è qualcosa di sbagliato nel fatto che c'è Hemingway ma che c'è anche Borges, e che, al di là delle comprensibilissime posizioni individuali, c'è posto per entrambi.
Scusa l'orazione ma, come si sarà capito, il tema mi sta a cuore!
Detto ciò, non ho scritto queste righe col piglio di chi dice: «Scusa ma hai torto», perché, al netto di tutte le divergenze teoriche possibili e immaginabili, so bene di non scrivere in modo sopraffino, ma mi chiedo se ciò sia poi davvero necessario, considerati il target, il mezzo espressivo, il genere. In fin dei conti, per me – e so che moltissimi utenti qui non saranno d'accordo – un librogame è poi una forma di semplice intrattenimento rivolta prevalentemente a ragazzi. Che io adoro, beninteso, ma per quello che è. Lieto insomma se posso studiare e migliorare, ma anche lieto di non aspettare più, e di fare, e di provare. Non sarà tutto perfetto? La prossima volta cercheremo di fare meglio. E se non ci riusciremo? Pace!
Rygar ha scritto:Per quanto riguarda le meccaniche di gioco, le ho trovate un po' scomode. Tante volte uno bara anche in maniera involontaria cliccando due volte su un link per raccogliere qualcosa, o dimenticandosene del tutto. Non sarebbe possibile implementare qualche meccanismo, tipo che dopo aver raccolto un oggetto il link si disattiva? Squiffy, software gratuito, questa opzione la consente senza problemi.
Anche i combattimenti sono un po' macchinosi, dovendo aggiornare manualmente persino il contatore dei turni. Ho trovato più comodo segnare i punteggi su un pezzo di carta e giocare così. Il problema è che, avendo un applicazione, mi aspetto che tutto sia automatizzato, altrimenti tanto varrebbe comprare un libro cartaceo.
La nostra impressione è che già così sia immensamente più comodo da usare che non un librogame cartaceo, e penso si noti che, in background, c'è un immenso lavoro di programmazione; quello dell'automazione però è un punto toccato da altri lettori e, come anticipato sopra, abbiamo in agenda lo sviluppo di un sistema di «rules enforcing» che ci servirà per i prossimi episodi e che intendiamo usare anche per una nuova versione de Il Marchio; questa modalità affiancherà quella più vintage, senza sostituirla, perché, accanto ai detrattori, la «vintage» ha anche estimatori.
Rygar ha scritto:Per finire, perché si parte dal paragrafo 101?
Ehm... Semplicemente perché 1, 2, 3 e simili sarebbero risultati troppo piccoli come bottoni interattivi. Partendo da 100 ci siamo garantiti una grandezza minima sufficiente. Una pura ragione tecnica, quindi.
Rygar ha scritto:per il resto mi sono tanto divertito. È bello il sistema di abilità, è bella la libertà nella creazione del personaggio, è bello il clima "anni '80" che si respira ed è bella anche la trama che, come accennato, lascia aperte molte possibilità per un seguito.
Sono contento! Pur con i necessari adattamenti, volevamo ricreare un'esperienza un poco retrò, che sapesse di gdr e di intrattenimento. Il prossimo episodio è in lavorazione e cercheremo di trarre il meglio da tutte le osservazioni che stiamo ricevendo qui, su facebook, sul play store e in privato, e di farne tesoro.
Dunque, ti ringrazio di nuovo, Rygar. È molto bello per noi sentir parlare del nostro lavoro!
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Re: Fra Tenebra e Abisso: il Marchio
Dario III ha scritto:Il punto che però mi trova più in disaccordo è la religione dello show don't tell; non l'ho mai capita e non la capirò mai. Pare fatta apposta per produrre storie «cinematizzabili», se si può dire così, e non stupisce che domini nell'età del cinema e, ancor più, delle serie tv. Questo orientamento può piacere ad alcuni e essere utile ad altri (ovviamente non c'è niente di male), ma non è un altare su cui sacrificherò l'intera letteratura mondiale (e le mie preferenze!), dove invece il tell è presentissimo. Da Omero in avanti nessuno si è fatto scrupolo di dire «Tizio era gramo», per sentirsi invece in obbligo di imbastire lunghe scene per spiegarlo. Tra autori in cui il tell è eminente, potrei scomodare per esempio Dickens (uno che si prendeva tutte le pagine che gli servivano per dire quello che voleva dire...); recentemente, rileggendo La luna e i falò di Pavese, ho trovato molte frasi tell; e certo non ne risparmia un mio autore feticcio, cioè Borges. E di esempi se ne potrebbero trovare a bizzeffe, in tutte le lingue e nell'intero arco della storia, perché il tell fa parte della narrare, specie della fiaba, è vero, ma non solo.
Fin da quando ero bambino, per me molto del fascino della letteratura fantasy stava invece nell'evocare, più che nel descrivere, nel risvegliare l'immaginazione più che nel pilotarla, e a anche quando leggo libri di altri genere mi piace ritrovare questo carattere. Provo a spiegarlo con un esempio che riguarda proprio le descrizioni dei personaggi, visto che è un punto su cui spesso convergono i sostenitori dello show don't tell.
Nelle prime pagine di A Wizard of Earthsea (Il Mago), di Ursula K. Le Guin, io leggo:
He grew wild, a thriving weed, a tall, quick boy, loud and proud and full of temper.
Ma perché mai al mondo l'autrice avrebbe dovuto rinunciare a questa frase, che mi avvince come un incantesimo, per imbastire una scena neorealista in cui mi si 'mostrano' questi caratteri, anziché raccontarli?
E riguardo al 'sembrare', Tolkien, nel Silmerillion (libro che non si legge mai a sufficienza!) per descrivere l'opinione che Idril aveva di Maeglin non si riporta un dialogo, ma si scrive:
Le [a Idril] sembrava infatti che in lui fosse qualcosa di strano e contorto.
A me piace.
Certo, ci muoviamo in un ambito di gusti soggettivi; ed è proprio in difesa di questi gusti soggettivi che rifiuto le posizioni categoriche in fatto di letteratura; perché se è vero che esiste il Brutto (e quello chiunque sia un minimo compente lo riconosce subito), è anche vero che non esiste UN Bello; e che ogni tentativo di ridurre la letteratura a poche semplici regole ne violenta la natura, la banalizza in un esercizio scolastico, la uniforma ai criteri imperanti, cercando di convincerci che c'è qualcosa di sbagliato nel fatto che c'è Hemingway ma che c'è anche Borges, e che, al di là delle comprensibilissime posizioni individuali, c'è posto per entrambi.
Scusa l'orazione ma, come si sarà capito, il tema mi sta a cuore!
Su questo sono assolutamente d'accordo. C'è stato un decennio in Italia in cui alcuni loschi personaggi della rete, ignorati dal resto del mondo, hanno portato avanti una sorta di religione dello "Show don't tell" erigendo questo principio (di fatto spesso corretto e che contrasta la pigrizia dello scrittore) a legge immutabile e assoluta, quando invece è un elemento di punta della poetica minimalista americana contemporanea, quella che fa capo a Carver e alcuni altri (straordinari) scrittori americani.
Però questo è, appunto, un principio utile e interessante, specie se declinato in quello stile molto peculiare... tutt'altro che universale e assoluto.
"Un velo nero ti impedisce di vedere altro. La tua vita termina qui: nel campo di battaglia, con la mitica Blood Sword tra le mani, felice per la sconfitta dei Veri Maghi." Adriano, Blood Sword PBM http://www.caponatameccanica.com
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