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Regola Aurea del Librogame

Re: Regola Aurea del Librogame

kenfalco ha scritto:

Diciamo che ho pagato 15 euro per un librogame, il primo di una serie di libri. Inizio a giocare, tiro i dadi, sono così fortunato che in mezz'ora ho finito, e ho letto meno della metà dei paragrafi. Non mi sento molto soddisfatto. Posso ricominciare seguendo le regole facendo altre strade, ma non riesco ad immedesimarmi nel gioco sapendo che probabilmente quelle scelte non portano più alla vittoria.

Stessa cosa se il libro è troppo difficile, basato sulla fortuna oppure con meccanismi troppo pesanti.

Risultato: non compro gli altri libri della serie e il mercato si ferma.

Naaa, il mondo è pieno di libri mal scritti, film mal girati, calciatori brocchi - ma la gente fa sempre la fila fuori dallo stadio.
Fai il parallelo con una casa editrice di giochi: io mi invento adesso la Cucitrice Viola Games, produco giochi da tavolo. Che costano come gli altri, ma fanno schifo.
È un gran danno per l'umanità se fallisco e non ne produco più? È un danno anche solo per gli appassionati di giochi da tavolo?
No, è meglio.

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gabrieleud
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Re: Regola Aurea del Librogame

kenfalco ha scritto:

In tutti questi casi la cosa migliore da fare è divertirsi.

Sacrosanto! Anche se questo potrebbe frustrare l'autore, se ti ponessi dal suo punto di vista.

Ma subito dopo essersi rammaricato per la distorsione della sua creatura, quello stesso autore dovrebbe chiedersi che cosa ha sbagliato per spingere chicchessia a cambiare le regole...

Dragan
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Re: Regola Aurea del Librogame

gabrieleud ha scritto:

Naaa, il mondo è pieno di libri mal scritti, film mal girati, calciatori brocchi - ma la gente fa sempre la fila fuori dallo stadio.

Il fatto è che non sta scritto da nessuna parte che libri ben scritti e film ben girati vendano più di libri mal scritti e film ben girati. E chi produce un prodotto, sta su perchè vende, altrimenti fallisce. Per questo la qualità non è un parametro del ROI.

Guarda dietro di te! Una scimmia a tre teste!
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Ubik
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Re: Regola Aurea del Librogame

Dragan ha scritto:

kenfalco ha scritto:

In tutti questi casi la cosa migliore da fare è divertirsi.

Sacrosanto! Anche se questo potrebbe frustrare l'autore, se ti ponessi dal suo punto di vista.

Ma subito dopo essersi rammaricato per la distorsione della sua creatura, quello stesso autore dovrebbe chiedersi che cosa ha sbagliato per spingere chicchessia a cambiare le regole...

Bravo.

PS: mio figlio piccolo è un grande appassionato di Squilibrio, ovviamente glie l'ho proibito e ti facciamo tanti complimenti, augurandoci un seguito al più presto.

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gabrieleud
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Re: Regola Aurea del Librogame

Ubik ha scritto:

Il fatto è che non sta scritto da nessuna parte che libri ben scritti e film ben girati vendano più di libri mal scritti e film ben girati. E chi produce un prodotto, sta su perchè vende, altrimenti fallisce. Per questo la qualità non è un parametro del ROI.

Verissimo, l'abilità di vendere un prodotto non ha niente a che vedere con l'abilità di creare un prodotto valido. Ecco perché Licia Troisi è in testa alle classifiche.

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Re: Regola Aurea del Librogame

¿„ãßꪧ¬ ha scritto:

L'hardware???

O il software. Hai ragione, siamo abituati a pensare all'hack come a un intervento sul software. Ma in realtà dipende dal videogioco (e da quel che si è in grado di fare). I primi hack, se non sbaglio, erano meramente hardware. Il che sarebbe anche logico: l'hacking dell'hardware precede ovviamente quello software, essendoci numerosi giochi elettronici non digitali (es. il flipper, il cui hack era il tilt).

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nemonemon
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Re: Regola Aurea del Librogame

gabrieleud ha scritto:

PS: mio figlio piccolo è un grande appassionato di Squilibrio, ovviamente glie l'ho proibito e ti facciamo tanti complimenti, augurandoci un seguito al più presto.

Mitico! Ma non sono sufficienti tre di quei deliri??? bigsmile

Dragan
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Re: Regola Aurea del Librogame

gabrieleud ha scritto:

Verissimo, l'abilità di vendere un prodotto non ha niente a che vedere con l'abilità di creare un prodotto valido. Ecco perché Licia Troisi è in testa alle classifiche.

Non credo che la Troisi venda tanto perchè sono bravi a venderla ma perchè è stata in grado di intercettare un bacino d'utenza e tenerselo stretto. Ai suoi fan, che non sono pochi, piace quello che scrive.

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Ubik
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Re: Regola Aurea del Librogame

Vi faccio un esempio. C'è una grande percentuale di giocatori che preferisce il gioco in cui si vince per merito e non per fortuna. Le riviste di enigmistica, che vendono milioni di copie, si basano sulle abilità del giocatore, non ti chiedono di lanciare i dadi. I libri gialli ti portano a scoprire l'assassino cercando gli indizi, non tramite la tabella del destino.
Questo tipo di pubblico forse sarà più attratto da un librogame con regole che si basano sul ragionamento, sulla tattica e abilità, non sulla scelta di un bivio fortunato. Se date loro la possibilità di cambiare le regole, eliminando la fortuna, potrebbero trovare il modo di divertirsi anche con un Lupo Solitario.

kenfalco
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Re: Regola Aurea del Librogame

gabrieleud ha scritto:


Stai confondendo il gioco col divertimento.
Il gioco del memory prevede che tu al tuo turno giri due carte e se sono uguali te le tieni e prosegui il turno. Poi tocca all'altro giocatore.

Ovviamente esiste un modo più semplice per accoppiare le carte, ovvero girarle tutte verso l'altro. Un bambino di due anni fa così e si diverte come un matto quando ne trova due uguali. Ma non sta giocando a memory.

In ontologia del gioco si distinguono tre piani basilari: il gioco (game), il giocare (play), il giocattolo (toy). Sostanzialmente tu stai dicendo: il game non è il play. Spesso, le definizioni di game fanno riferimento a regole precise, escludendo quindi dalla categoria attività come i giochi freeform, ossia quelli che non fanno riferimento a regole e si rifanno unicamente all'utilizzo di giocattoli, oppure quelli che non hanno regole precise, come la maggior parte dei giochi mimicry (nozione introdotta da Caillois: in sostanza, i giochi di imitazione, di narrazione, ecc.). Le categorie qui sono molte e molto dettagliate, ma le tralascio. Il punto è che ogni game del tipo "il gioco del memory" fissa un determinato play e gli assegna un nome, rendendo prescrittive le attività che lo contraddistinguono, il che le rende facilmente comunicabili. Questo ci chiarisce però anche un fatto: se un certo game (che è la rappresentazione di un'attività) non viene attuato attraverso un'attività (play), tale game non è in se stesso un gioco. Non più di quanto dei segni su un supporto sono un romanzo: bisogna decodificarli, interpretarli, attuarli sotto forma di narrazione interiore. Alcune attività ludiche sono formalizzate in regole, altre no. Sono entrambe attività ludiche.

gabrieleud ha scritto:


Stai confondendo il gioco col divertimento.
Il gioco del memory prevede che tu al tuo turno giri due carte e se sono uguali te le tieni e prosegui il turno. Poi tocca all'altro giocatore.

Ovviamente esiste un modo più semplice per accoppiare le carte, ovvero girarle tutte verso l'altro. Un bambino di due anni fa così e si diverte come un matto quando ne trova due uguali. Ma non sta giocando a memory.

A sostegno della tua tesi potresti portare la definizione di gioco di vari autori di origine statunitense, tra cui Bernard Suits (giocare a golf consiste nel mettere la pallina in buca tramite un mezzo non necessario, la mazza). Tuttavia, non tutte le attività in cui si pongono ostacoli "gratuiti" sono giochi.

I tester di videogiochi non giocano. Forse i primi giorni, poi basta. Dopo, lavorano.

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nemonemon
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