Non rispondo a Mornon perché non mi sembra il caso di parlare di tauromachia proprio adesso...

Al saggio dico: se tu non riconosci una Quest, di fatto abneghi anche la possibilità di una trama ben costruita (ch'è poi la lamentela che avanzi, in fondo). Però Rygar ha risposto: costui si è prefisso una missione... e vi par poca cosa il fatto di autoassegnarsela? Stiamo parlando d'un pterodattilo con un QI pari a quello d'uno gnu malfermo. Questo uccellaccio risponde dei suoi biechi istinti di sauro, ed è ben logico che una 'missione', o 'quest', o come la si voglia chiamare, non risponda più del 're' che spedisce i suoi prodi verso lande e alture...
Anzi: in questo vi vedo coerenza e capacità d'immedesimazione.
Che questa Quest, poi, non sia altro che un timido scacco matto al braccio destro maldestro, beh, questo arricchisce ulteriormente l'ironia, anche involontaria, di 'modellare' e 'dipingere' al meglio l'identità di questa abbietta creatura che andremo a impersonare (del tutto improbabile, s'ammetterà).
Tratteggia molto bene anche la realtà del servilismo alla quale sono asserviti tutti coloro che, specie nella finzione, sbavano letteralmente per il riconoscimento dato dal superiore; questa creatura da lui nata, subisce il medesimo fanatismo di chi ha un QI più generoso -o non troppo, come l'orchetto.

La 'risoluzione' del fallimento, è una risoluzione logica: costui -dicasi gobbo malefico- non ha più in animo di fidarsi del suo uccellaccio; è anche più una fine 'trascinata' dal libro, come se una forza 'superiore' intendesse direzionare il volere del malefico mago... quasi a voler divenire 'tassello' d'una storia che si deve compiere sotto certi aspetti e canoni. Ma anche fosse così, quanti non hanno giocato con queste fisime di narratore oramai stereotipate...? Nessuno ha mai letto 'La Principessa Sposa' di Goldman (il film 'La Storia Fantastica'), o nessuno ha mai veduto almeno uno degli Shrek...?

Se si giudica questi scritti col parametro del realismo, allora è finita: è come dare a Picasso meno dieci perché non è realista, senza farsi passare nemmeno un attimo per la testa che Picasso NON voleva essere realista.
Tanti difetti che si riconosco in questo o in altri scritti ironici o surreali, sono 'difetti' ritenuti tali solo perché analizzando con parametri che sono anni luce distanti da quelli che si dovrebbe afferrare onde risalire a un gusto.

PS: non capisco poi il troppo disquisire sull'ironia. Mi trovo con Prodo: ha sorriso, ha gradito, ha detto la sua... però, si badi bene -e insisto solo perché mi fate insistere voi- esistono delle differenze ENORMI in fatto d'ironia... Mi sembra che l'ironia, secondo ciò che alcuni lasciano trasparire, debba per forza essere sinonimo di demenziale; emulare Rat-man o niente...
A me sembra che togliamo MOLTO di quello che lo scritto vuole darci se dissociamo l'ironia dall'intuizione, dall'allegria, dallo sketch comico, dall'intrattenimento, dalla fiaba, dal semplice pretesto letterario, e da tanti altri stratagemmi narrativi che arricchiscono una trama.
A volte è come cercare gl'ingredienti giusti per una torta: io autore decido quante uova, quanta farina e quanto zucchero ci vada, ma se il lettore mi dicesse 'non mi piace perché non è tutto zucchero', l'autore può sempre rispondere 'non è tutto zucchero perché hai in mente la torta che non volevo mangiare e far mangiare'.
In tal caso, però, siamo noi a non voler vedere uova, farina e tutto il resto... Ove uova e farina sta anche per un certo realismo, che comunque non manca, si badi bene o si rilegga meglio.
Ci sono, ad esempio, pagine di Brennan, in ACdRA, che sono finissimi ricami di scrittore, in fatto di descrizioni realiste, descrizioni che mai ebbi modo di leggere in LS. Eppure sono certo che si tratti di ricordi che potrò condividere con una stretta minoranza di lettori...

Dies lo quoto subito perché è una questione che mi sta molto a cuore, specie (vado un attimino fuori Contest) pensando all'horror: è esattamente il motivo per cui il cinema ne soffre tanto: nasce con l'idea di 'spaventare', e spesso s'è associato al raccapriccio, al disgusto e allo schifo, al ribrezzo, al paranoico o al vomitevole... Tutta roba che nulla ha a che spartire con l'horror letterario, che nasce, al contrario, da una fascinazione; ch'è la fascinazione del gotico (suo antenato più recente) e della creatura 'diversa'... ma nella sua diversità, forse addirittura fascinosa e attraente, amabile sotto vari aspetti.
Dracula impersona l'idea di fobia amorosa, incarnazione d'un sentimento squisitamente romantico, e Frankenstein, beh... come non vedervi lo zio di Pinocchio...?
Ma è fascinazione, non repulsione. La fascinazione non si può spiegare; si guardi un quadro di Friedrich, e ci si spieghi come fa a piacere un cimitero annebbiato... eppure stringe l'anima, commuove; può anche raccapricciare, ma è indifferente ai fini della narrazione...
Ti pone in uno stato emotivo arbitrario. Lo stesso dicasi per 'la rocca nella verzura', 'il castello abbandonato', e tante altre fascinazioni legate all'arte.
Ed esiste, perché no, anche una fascinazione incline al grottesco, al parodistico e all'ilare.
Non si può spiegare e non ha fini: ti pone in uno stato emotivo verso il quale ti senti attratto...
Può anche non piacere, ma non va frainteso con l'arte del comico sulla ribalta o peggio del barzellettiere.

Non so cosa sia successo negli altri concorsi di Corti, ma in questo caso è spettacolare come la lunghezza dei post abbia superato di molto quella del Corto stesso.
E la discussione comincia quasi ad essere più divertente del racconto...   

suaimondi ha scritto:

Si però ragazzi, con questo fiume di post, non vorrei che si perda di vista il Concorso. Come dire: la cosa potrebbe... "sfuggirci di mano" [cit.]

Danilo Baldoni ha scritto:

kraaa...

E meno male non avevi tempo e voglia di discutere di tauromachia!

Noto solo adesso il 'titolo' di Babacampione espresso col suo gatto solingo e marpione: 'Assassino della Grammatica'...
E' da premio letterario.