Si ma la mia idea è che siccome in Italia, ormai, c'è un filologo o un linguista ad ogni porta mi sa tanto che anziché il mostrare e non raccontare di Gamberetta finirà che, nei libri fantasy, ci troveremo pagine così:

LA LINGUA ORCHESCA
Lettere: a,b,c,d,e,f,g,h,i,k,l,m,n,o,p,,r,s,t,u,x,y,z.
Nella lingua orchesca:
q non esiste, il suono qu si pronuncia e si scrive kw;
h non è muta ma segnala l'aspirazione.

Pronuncia: a,e,i,o,u sono sempre vocali e non possono essere usate in funzione consonantica o semivocalica (perciò non esistno dittonghi).

La lingua orchesca prevede sette casi:
nominativo,
vocativo,
accusativo,
genitivo (il genitivo partitivo è distinto da una preposizione),
dativo,
strumentale,
e locativo.

In locativo semplice esprime il complemento di stato in luogo, le varie preposizioni invece descrivono i vari complementi di moto e di tempo.

I secondi termini di paragone sono espressi in caso dativo.

L'orchesco ha sei declinazioni per nomi e aggettivi: cinque tematiche (con vocale tematica) a,e,i,o,u e una atematica (cioé per nomi o aggettivi privi di vocale tematica).

Nei casi nominativo, accusativo, vocativo plurali l'orchesco distingue tra plurale singolativo (termimazione in -i) e plurale collettivo (terminazione in -a).

L'orchesco ha sei coniugazioni: cinque tematiche (con vocale tematica) a,e,i,o,u e una atematica (cioé per nomi o aggettivi privi di vocale tematica) e una atematica con la terminazione della prima persona singolare dell'indicativo presente in -mi.
Modi: indicativo, congiuntivo, imperativo.
Forme nominali: Infinito, Gerundio, Gerundivo, Participio e Supino (il supino orchesco possiede declinazioni per tutti e sette i casi e al plurale distingue tra collettivo e singolativo).
Tempi: Presente, Imperfetto, Perfetto, Piuccheperfetto.
Futuro e futuro anteriore: si formano con costrutti perifrastici basati sul modo congiuntivo.

Il verbo orchesco'orchesco ha tre diatesi: attiva, passiva e media.

costruisce il perfetto in quattro modi:
perfetto sigmatico
perfetto apofonico
perfetto a raddoppiamento
i perfetti irregolari sono prerogativa esclusiva della coniugazione atematica.

Io mi auguro che il fantasy resti a lungo un genere basso, bassissimo. 

Aloona ha scritto:

Conigliomannaro ha scritto:

Tempo fa avevo postato il link di una discussione su questo argomento, non so più dove l'ho messo, ma ai tempi non se l'è filato nessuno se lo ritrovo lo posterò ben sapendo che nessuno si prenderà il disturbo di buttarci un occhio.

Scusa se te lo dico, ma 'ste affermazioni mi stanno sulle palle: se pensi che leggere le discussioni, specialmente riguardanti "argomenti a tema", qui sia ritenuto un "disturbo" e hai già deciso che nessuno lo farà... che ci stai a fa' qui a parlare con noi? Non facciamo i processi alle intenzioni o mettiamo le mani avanti, attribuendo ad altri un timore personale. E non rispondermi che l'hai detto perché pensi di essere TU noioso/poco interessante e bla bla e non volevi dire a NOI, perché è vecchia

Questa tirata mi sembra irragionevole. All'epoca quel link, e ancora adesso, non se lo è filato nessuno, mi spiace perché a suo modo era interessante.
Il fatto che non ci siano commenti riguardo quel link, e tuoi men che meno, conferma quanto da me detto sopra, che tu sia stizzita o meno.

Precisato ciò, non capisco più cosa intendi per "canoni" allora.

A ben leggere l'ho già fatto, rileggiti quei passi e poi ne riparliamo sennò su questo argomento chiudiamo qui.
Puoi anche dare una spulciata a questo link: http://www.gdrzine.com/viewtopic.php?p=#p .

Sul discorso del "genere basso": beh, non è mai stato considerato "altissimo", neanche Tolkien. Tolkien è considerato semmai un altissimo autore di un genere minore.

No in Italia è proprio considerato una ciofeca, non solo dalla critica ma anche dal pubblico colto o aspirante tale. Su Tolkien però non si infierisce troppo, ultimamente, per altri motivi.

Minore e maggiore sono "punti di vista", ma certamente un fantasy, almeno CANONICO, richiede meno lavoro di un romanzo storico e meno arzigogoli filosofici di un romanzo di Joyce.

Che palle! Questo è un volgare luogo comune. La riflessione etico morale e l'allegoria storica di Tolkien, secondo me, ha una dignità pari o maggiore. Poi i romanzi fantasy di solito richiedono, se fatti bene, tanto lavoro quando gli altri. Ma vuoi paragonare un world bulding con uno sfattone irlandese che girella per una città che Joyce aveva davanti tutto il dì?
Il discrimine non è la mole di lavoro, chiaramente.
Tolkien è chiaramente meno smaliziato e sperimentalista in fatto di stile ma non era quello il suo intento.

POI, che si possa trasmettere moltissimo, anche messaggi importanti, perfino col fantasy (vedi Tolkien) o che si possano avere intuizioni formidabili (vedi Verne) grazie anche a mondi fantastici, questo dipende più dall'autore.

Mi pare un discorso di pancia, mi pare futile star qui a discutere sui gusti.
Tanto sia la tua posizione che la mia sono ormai fatto notoreo.

Io ho trovato messaggi PER ME importantissimi perfino ne "il Castello Errante di Howl" o in alcuni romanzi della Bradley; nel primo caso parliamo di una bravissima autrice, nel secondo addirittura di una maestra: ma non posso certo affermare che la letteratura fantasy sia per questo di "livello alto" o che stiamo parlando di capolavori..

La Bradley a mio avviso è di scrittura sciatta, sciatta anche pur scrivendo in inglese, gli fa mangiare la biada anche Mino Milani, come tecnica, oserei dire.
Tanith Lee e Ursula K. Guin sono molto più brave nelle descrizioni, nell'uso dei dialoghi gli da dei punti persino Terry Praket, in Darkover tocca il suo fondo... Lì è una via di mezzo tra Alfieri e l'hard boiled.
Una volta avevo letto un libro per ragazzi su Mordred, non mi ricordo più il nome dell'autrice, bhe, era una che di letteratura romanza e storia ne sapeva, ad ogni modo pur essendo costretta ad usare degli attrezzi lessicali accessibili anche a dei marmocchi, pur non potendo indulgere troppo lungamente in scene da pulp fiction, era riuscita a scrivere un lungo avvincente e soprattutto commuovente racconto, è stata una delle pochi testi che mi ha quasi fatto piangere, in assoluto.
...E cavoli, devo dire che la  Bradley è la versione in minore di E.R Howard perché di storia, mi spiace, ma ne sapeva più lui e in genere dava più colore nella descrizione e nel racconto, poi lui aveva difetti cui lei era esente (protagonisti fatti con lo stesso nerboruto, eppur flessuoso, stampo).
Poi sui gusti non si disputa, a me la Bradley non piace proprio, dovessi pigliare un maestro di scrittura, io invece, penso che tornerei indietro fino a Petronio.