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I Corti 2015 - Fantasmi

Re: I Corti 2015 - Fantasmi

gpet74 ha scritto:

Uso gli ultimi 4 minuti di tempo prima di mezzanotte per dire che ho letto questo corto molto frettolosamente e in modo incompleto. per tanto non esprimerò un giudizio

Se può interessarti, il tempo per votare è stato prolungato di 24h a causa dei problemi di server.

"Se non volete sentir ragioni, sentirete il filo delle nostre spade!"

Rygar
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Re: I Corti 2015 - Fantasmi

SkarnTasKai ha scritto:

(anche se in effetti l'oste mi ha un tantino disturbato, col suo fatto di dire che non capisce il mio dialetto)

Questo è un dato realistico: sfido chiunque a capire il dialetto di Busto Arsizio! tongue

Heimdall di Bifrost
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Re: I Corti 2015 - Fantasmi

è che ci piace distinguerci, e non useremmo mai idiomi barbari come quelli di gallarate o legnano! tongue

mi trovate anche su http://temalibero.forumfree.it/
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SkarnTasKai
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Re: I Corti 2015 - Fantasmi

Questo corto è scritto male e realizzato male, però ha dalla sua l'idea simpatica: devo ammettere che mi ha fatto simpatia tutta la situazione delirante. Ad esempio, con l'uomo primitivo ho scelto di fare la "sfida culinaria"... <<non sarà mica tanto bravo a cucinare>>, ho pensato. Invece... era una sfida a chi si ingozza di più! Ehehehe! Pessima scelta da parte mia! bigsmile
Dai autore, non ti abbattere e fai tesoro delle tante (a volte un po troppo accanite, devo ammettere) critiche, e non potrai che migliorare!

PS consolatorio:
Pensate che il primo testo che ho sottoposto alla community parlava di un gigante in grado di compiere acrobazie come un atleta circense... potete immaginare in che modo me l'hanno smontato? smile

monpracem
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Re: I Corti 2015 - Fantasmi

monpracem ha scritto:

(a volte un po troppo accanite, devo ammettere) critiche

Sì, in effetti anch'io, corto dopo corto, ho l'impressione di diventare un poco più gramo!
In fin dei conti va il massimo plauso a TUTTI gli autori: per l'energia e l'impegno profusi ma anche per il coraggio di gettarsi nella fossa dei leoni!!!

Dario III
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Re: I Corti 2015 - Fantasmi

ah, scusate, ma nella descrizione dell'alieno nessuno ha visto lui?

 Spoiler Show Spoiler Hide Spoiler
 http://images.buddytv.com/usrimages/usr165/165_roger-the-alien-hires_1200_1200_102400.jpg

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SkarnTasKai
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Re: I Corti 2015 - Fantasmi

A me sembrava un generico "Grigio", quindi anche quello di "American Dad".

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Rygar
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Re: I Corti 2015 - Fantasmi



Qualcosa che ricordi una locanda, così Anima di Lupo è soddisfatto. E comunque...

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Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate.

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Re: I Corti 2015 - Fantasmi

Giudizio di Heimdall di Bifrost

La prima associazione mentale che mi ha suggerito questo corto è stato un rimando ai “Classici Disney” degli anni Sessanta e Settanta, quelli che riproponevano storie già edite incastonate per l’occasione in una cornice narrativa nuova (solitamente sceneggiata da Gian Giacomo Dalmasso) che tentava di legarle tra di loro come se si trattasse di un’unica lunga storia. Qualche volta funzionava bene e qualche altra volta meno. Diciamo subito che questo racconto mi ha ricordato quelle che funzionavano meno.

Appare abbastanza evidente – perlomeno a me ha dato questa impressione – che il nostro autore abbia inizialmente progettato le quattro prove, tutte con uno svolgimento analogo, e poi abbia provveduto a collegarle dando loro una sfondo unitario. Anzi, che sia forse partito collezionando i singoli enigmi, poi li abbia raccolti secondo un denominatore comune e abbia infine posto sui vari insiemi di prove il ‘cappello’ consistente nei quattro avversari con cui ci possiamo misurare.

Il corto, quindi, nel suo complesso pecca di eccessivo schematismo: l’impalcatura sottostante è sin troppo evidente, il che dà un effetto nel complesso sgradevole, come quando nei film scappa l’inquadratura in cui si vede il microfono a giraffa che fa capolino dall’alto, rovinando del tutto l’effetto di immersione nella narrazione.

Eppure vi sono degli ottimi spunti che, se ben gestiti, avrebbero potuto guadagnargli dei punti sotto l’aspetto dell’originalità: il protagonista antipatico squalo, businessman dal gran pelo sullo stomaco, innamorato degli status symbol che ama ostentare (è facile gestire un protagonista positivo, è più sfidante gestirne uno con lati negativi); un’ambientazione contemporanea che trascolora d’improvviso in una situazione “ai confini della realtà”; uno sfondo che è volutamente un pastiche di epoche diverse. Il problema, se mi si sconta il facile calembour, è che il pastiche diventa in fretta un pasticcio perché, una volta introdotti nell’ambiente della locanda, l’autore prende una serie di inciampi non da poco.

Il passaggio da un’introduzione narrata in terza persona a un racconto in seconda persona ci può stare: l’inizio è letterario, è un racconto ma quando si tratta di agire, il pallino passa al lettore/giocatore; il fatto è che questo passaggio avviene bruscamente, nella stessa frase, senza nemmeno un ‘a capo’, contribuendo a dare l’impressione di un testo non accuratamente limato in fase di revisione.

I veri problemi però iniziano nel primo paragrafo, dove dapprima ci viene detto che “l’atmosfera è calda e accogliente” ma subito dopo ci viene fornita una serie di elementi che contrasta apertamente con questa affermazione, né si capisce come una taverna che ospita un cavernicolo, un legionario romano, un alieno e un militare nipponico possa essere considerata, almeno a prima vista, accogliente. La sensazione, leggendo, è che l’autore abbia lavorato troppo a compartimenti stagni, pensando prima a descriverci una generica e archetipa locanda nella nebbia, che deve ipso facto essere accogliente e, una volta accantonata questa descrizione, sia passato poi a introdurci il resto.

Il dialogo col locandiere purtroppo è il momento meno convincente di tutto il lavoro: l’autore sembra non decidersi tra il proporci il più stereotipato degli osti e un’incarnazione diegetica del narratore che, una volta rotto il ghiaccio, si mette nientemeno che a spiegare le regole al protagonista, parlando di ‘punteggi’ e ‘valori medi’ con l’ausilio di una tabella.

Gioco. Il gioco si svolge in maniera abbastanza lineare e può, chiaramente, essere ripetuto quattro volte, affrontando i quattro differenti avversari. Noto di passaggio che sarebbe forse stato più interessante permettere il trasferimento dall’una all’altra linea di gioco, il che avrebbe forse reso il tutto meno prevedibile. Perché, alla fine, il problema di questo corto è proprio l’estrema prevedibilità degli sviluppi: io, come molti, l’ho finito in tutti e quattro i percorsi al primo tentativo. Diciamo al secondo: la prima volta ho voluto leggere il par. 30, ma giusto per confermare il fatto, suggerito in ogni modo, che si trattasse di un esito fatale.

Da questo punto di vista ci sono degli evidenti peccati di inesperienza, il primo e più clamoroso dei quali è il riutilizzo costante degli stessi numeri di paragrafo per indicare i fallimenti, cosicché basta evitare quelli per avere la certezza di avere effettuato le scelte corrette; in questo, lo scivolone più grave è stato proporre lo stesso numero come rimando a due scelte differenti al termine di un paragrafo. Il secondo è proporre le soluzioni corrette in maniera diretta, offrendole tra le alternative presenti alla fine del paragrafo addirittura corredate di spiegazioni, quando si sarebbe potuto tranquillamente ‘coprirle’, tramutandole con qualche artificio nel rimando a un numero.

Divertimento. La presenza della tabella e dei punteggi poteva – e forse doveva – essere evitata: questo modo di rendere palesi punti di forza e di debolezza degli avversari porta il lettore a fare del ‘metagioco’, ossìa a giocare sul regolamento anziché sul testo.

Una volta capito che non dobbiamo sfidare il cavernicolo sulla forza e l’alieno sull’intelligenza non resta proprio più niente da scoprire: la difficoltà della sfida precipita in maniera verticale e, con essa, il nostro interesse. Penso che le varie caratteristiche avrebbero potuto tranquillamente rimanere nella testa dell’autore ed essere proposte in termini squisitamente testuali anziché essere esplicitate in termini numerici, con una tabella fornita dall’oste, poi!

Infine, non si può fare a meno di notare che gli enigmi proposti, molti dei quali sicuramente interessanti e simpatici, non siano propriamente originalissimi: non è certamente fresco di giornata l’uovo del gallo, ma neppure lo sfruttatissimo paradosso di Epimenide del par. 42 (“Il cretese Epimenide afferma: tutti i cretesi mentono”).

Narrazione. Si intuiscono nella scrittura delle ottime potenzialità, anche se poi l’esecuzione non sempre si rivela all’altezza delle aspettative, e si registra anzi qualche caduta di stile. Non mi è piaciuto, ad esempio, l’utilizzo di alcune frasi della lingua colloquiale, soprattutto in quei passaggi, come l’introduzione, che si proponevano con un registro sostenuto. Che brutto leggere frasi come “[…] la sua guida allegra, per così dire”: da un lato utilizza una locuzione (“guida allegra”) dal taglio informale in un contesto marcatamente più ricercato e subito dopo ci aggiunge un “per così dire”, che è la peggiore delle excusationes non petitae quasi a dire: l’ho detta grossa, ma chiedo subito scusa.

Al di là del colpo micidiale alla sospensione dell’incredulità apportato dall’oste con la sua spiegazione, vi sono altri elementi poco chiari: in particolar modo mi pare che vi sia qualche pasticcio con le lingue. Inizialmente l’oste non capisce il nostro dialetto, salvo poi inondarci di un fiume di parole. L’autore poi cerca di trovare una giustificazione al fatto che l’antico romano parla la nostra lingua, affermando che questi ha trascorso anni di campagna militare nella nostra terra ma, a parte il fatto che i legionari romani tendevano a non apprendere la lingua dei paesi che invadevano – casomai vi portavano la loro –, sostenere che un soldato romano abbia appreso il tedesco facendo guerre oltre il Reno è come pensare che un alamanno o un goto di stanza alla corte imperiale di Roma possano avere appreso l’italiano.
Con l’alieno ce la sfanghiamo con la telepatia, mentre il giapponese inizialmente ci parla nel suo idioma e poi passa al nostro senza colpo ferire; infine l’uomo preistorico parla una versione rozza della nostra lingua: sarà forse per il fatto che la valle di Neander dove sono stati rinvenuti i suoi simili si trova in Germania?

Questo è il caso in cui sarebbe stato meglio non fornire affatto una spiegazione: date le premesse (un luogo fuori dal tempo e dallo spazio) ci capiamo perché ci capiamo, stop. Giustificare concretamente la reciproca comprensione dei linguaggi ci porta a misurarci con un dato di realtà che in questo contesto stride e ci porta per l’ennesima volta a interrogarci sulla plausibilità di quanto ci viene detto.

Vi è qualche refuso che non sto a elencare. Vorrei solo sottolineare un paio di cose: “sì” quando è avverbio (es. par. 50 “[…] Hai fatto sì” vuole l’accento; e la sfida del par. 31 col Neanderthal non può essere definita “culinaria”, che comporterebbe il fatto di cucinare: si poteva propendere per “mangereccia” o “gastronomica”.

Infine, pollice verso per il finale, troppo sbrigativo e oltretutto confonde ancora di più le idee sul ruolo dell’oste, e per l’epilogo, decisamente incomprensibile. Ripeto ancora una volta quanto scritto a proposito del precedente racconto: vanno bene le interpretazioni aperte se vi sono elementi che le giustifichino, altrimenti finiscono per apparire come elementi di trascuratezza narrativa.

Voto complessivo: 5.

Giocabilità: Voto 4,5.
Divertimento: Voto 4.
Narrazione: Voto 5,5.

"Un velo nero ti impedisce di vedere altro. La tua vita termina qui: nel campo di battaglia, con la mitica Blood Sword tra le mani, felice per la sconfitta dei Veri Maghi." Adriano, Blood Sword PBM
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Re: I Corti 2015 - Fantasmi

Giudizio di Apologeta

Un'idea discreta rovinata da troppe ingenuità e da un finale suicida.

Già dall'introduzione si evidenzia uno dei grandi limiti di questo Corto: un periodare pesante, infarcito di "noti", "sembra" e simili amenità da tagliare senza alcun rimpianto. Nel proseguo, l'autore spargerà nel testo commenti che ci lasceranno basiti (il soldato giapponese più culturalmente simile a noi, giusto per dirne uno) o di ripetizioni assolutamente inutili: alla fine del 14, lo stesso concetto è ripetuto quattro volte. Sinceramente, dal lato dello stile salvo poco, e fra questo poco segnalo alcune buone similitudini: sarà perché io non valgo un fico secco a scrivere le similitudini, quindi rimango sempre positivamente colpito quando trovo un testo che ne contenga di valide.

Ambientazione? Insomma. L'idea è discreta, ma l'interesse che poteva avermi stimolato l'introduzione viene maciullato dal pessimo primo paragrafo. L'1 è pregno di una totale inverosimiglianza: con un salto brusco dalla 3^ alla 2^ persona, ecco un locandiere che ci spiega le regole del gioco (ma perché?) e ci fornisce una tabella tanto inutile quanto imbarazzante: basta un minimo di buon senso per capire che un neanderthaliano non ha una gran intelligenza, e tutti questi valori non ci serviranno mai... per non parlare del futile valore di Coraggio, uguale a 3 per tutti. Nel frattempo nascono milioni di domande (cosa ci faccio qui? perché quest'accozzaglia di strani compari?) ma ho imparato a non preoccuparmi: l'ultimo paragrafo mi spiegherà tutto. Di solito, succede così. Di solito.

Struttura: mi piace l'assenza di regolamento e del fattore caso, come anche i gatti ormai sanno. E allora, per movimentare il gioco, ecco gli enigmi. Che dire? C'è chi li ama, chi li odia, chi li soppesa a seconda dei casi, come il sottoscritto. In "Fantasmi" alcuni enigmi sono quasi banali, altri (quello al 3) molto carini, ma quello che non perdono all'autore è la spiegazione della soluzione nelle scelte di fine paragrafo. In questo modo, gli enigmi sono rovinati: come raccontare prima il finale di una barzelletta. Purtroppo arriviamo ben presto a capire qual è il paragrafo associato alla scelta sbagliata, e questo annulla ogni tensione. Eppure ci sono un sacco di paragrafi persi, perché spezzati in due o tre senza motivo (3/38, 6/37, 8/32, 23/40, 28/43/25), che avrebbero potuto essere utilmente impiegati in questa direzione.

E poi, il 50.

Il 50 è uno dei più brutti paragrafi che io abbia mai letto. Sembra che l'autore abbia finito la voglia, con quelle due frasette scheletriche. E la totale mancanza di spiegazioni: se tutti gli altri erano morti, io lì cosa ci facevo? E l'oste cosa se ne faceva delle anime dei morti? E perché solo quelli e non altri? Detesto le domande spontanee che rimangono irrisolte, tanto più quando la trama è impalpabile, come per questo raccontogioco. Il 50 sembra una bozza programmatica di quello che l'autore avrebbe dovuto sviluppare, non certo il testo definitivo. Questo paragrafo doveva essere un ottimo traino per l'epilogo, invece lo azzoppa.

Cosa salvare? Temo davvero poco. Ultimo appunto positivo per la rigiocabilità alta, perché questo Corto è composto in realtà da 4 miniavventure diverse (molto originale). Sono molto soddisfatto di aver trovato qualcuno che usa il rientro nella prima riga. Questo però non influisce per nulla sul mio voto, che rimane ahimé insufficiente.

Ecco il voto ai singoli parametri aggiuntivi:
Giocabilità: 5
Narrazione: 4
Divertimento: 5

Per questi motivi e ciononostante, il mio voto è 4,5.

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